Il mese in cucina: ottobre
Siamo nel mese dell’autunno, il più rappresentativo di tutti; si fiuta l’umidità, si calpestano le foglie nei viali e si percepisce anche un senso di tristezza, di malinconia. Un odore, però, che a molti piace, come quello della legna che arde nelle stufe o della pioggia cadenzata sulle foglie della salvia e dei rosmarini. L’aria decisamente più fresca si concilia con l’appetito, dopo una giornata di lavoro che ha ripreso la sua routine stressante e ripetitiva. Il piacere di cucinare in una giornata di pioggia, nell’intimità della propria casa, diventa un piacere da condividere con gli altri. Se d’estate e nel primo autunno le preparazioni erano fresche e semplici, adesso diventano più elaborate, calde, saporite e gustose. A tavola si indugia volentieri, si conversa con più calore, condividendo una delicata zuppa, un minestrone rustico o un dolce di castagne. Le serate si riscaldano con un cocktail assieme agli amici, magari guardando un film o ascoltando della musica.
Protagonista del mese: l’uva
L’autunno segna il trionfo dell’uva anche se la maturazione di diverse varietà avviene già in estate. In questo periodo le uve bianche si colorano delicatamente di ombre dorate e quelle rosse e nere raggiungono la più intensa gradazione delle loro tinte. Il sole ha trasformato i succhi, che prima erano asprigni, in dolci sciroppi e ha acuito l’aroma delle uve profumate.
Commento nutrizionale
Dato il suo alto contenuto di glucosio libero e quindi facilmente assimilabile, l’uva ha un alto valore energetico. L’uva ha molte proprietà positive, come una modesta azione sulle vie biliari, delle quali stimola la contrazione e quindi l’eliminazione della bile; per la sua azione diuretica e in generale per la depurazione; per la stitichezza, specie negli anziani. Un tempo era molto famosa la cura dell’uva in autunno, in pratica si mangiava un chilogrammo di frutta al giorno combinata a latte, yogurt e prodotti simili. Era una di quelle diete “miracolose” piuttosto squilibrate, come ce ne sono a centinaia al giorno d’oggi (ben più pericolose). Naturalmente va inserita in una bilanciata nutrizione giornaliera e consumata con moderazione da chi soffre di alcune patologie (glicemia alta, trigliceridi, ecc.).
Scelta e acquisto dell’uva
Ci sono dei requisiti essenziali per riconoscere l’uva sana: prima di tutto si esamina la buccia, se qualche acino è spaccato significa che ha superato il grado di maturazione, se poi intorno alla fenditura o al picciolo appare un colore carico, quasi bruniccio, è segno che è già in atto il processo di ammuffimento. Anche i grappoli in cui gli acini sono molto fitti devono essere esaminati attentamente prima dell’acquisto, poiché potrebbero essere imperfetti (occorre fare attenzione all’uva confezionata in contenitori di plastica).
La quantità dell’acquisto va calcolata in base al consumo e alla resistenza dell’uva: non è consigliabile acquistare il fabbisogno settimanale in qualità molto delicate o troppo mature di uva; lo stesso vale anche se la si conserva in frigorifero. Per il consumo giornaliero sono adatti tutti i tipi di uva da tavola a seconda del sapore, della maturazione e della qualità in generale.
Uve da tavola
Le varietà sono tante ma qui ne analizzeremo solo alcune.
Italia: il nostro paese è il primo produttore europeo di uva da tavola, nel mondo secondo soltanto al Cile; quest’uva è fra le più belle, con i grappoli più grossi, formati da acini regolari e giustamente distribuiti; è molto decorativa anche per il colore giallo dorato che, in alcuni grappoli maturati al sole, diventa bronzeo. Se ben matura ha sapore dolce che richiama quello del moscato. Piuttosto resistente e, se perfettamente sana, può conservarsi per diversi giorni.
Regina: ha grappoli molto grossi a forma piramidale, formati da acini più grandi all’apice; di colore bianco tendente al verde e, in quelle più esposte al sole, tendente al giallo. Ha polpa carnosa, poco sapida nei grappoli maturati in zone fresche, ma dolci in quelli maturati al sole. Ha la buccia piuttosto resistente che sopporta il trasporto; in casa può conservarsi anche 5-6 giorni fuori dal frigo.
Baresana: varietà antica, ha acini regolari, rotondi, giallo avorio. È preferita per la polpa dolce e gradevolissima, però poco resistente all’umidità e le prime piogge la danneggiano. Quando è perfettamente sana può conservarsi per 4-5 giorni fuori dal frigo, purché tenuta in ambiente fresco e arieggiato.
Pizzutello bianca o nera: in entrambe le qualità i grappoli sono piuttosto serrati, formati da acini appuntiti e arcuati, dalla polpa carnosa e molto soda e di sapore poco accentuato. È un’uva che, se sana, può conservarsi per una settimana.
Moscato: ci sono diverse qualità di moscato, le più note sono il moscato di Terracina, di Malaga, di Amburgo. Ha grappolo piuttosto grosso, con acini di colore giallo carico. La polpa è dolce e molto profumata. Ha buccia alquanto delicata che non consente una lunga conservazione.
Zibibbo: è l’uva da tavola per eccellenza, perché assomma tutte le caratteristiche migliori: profumo, buccia tesa, polpa saporita e profumo leggermente moscato. Il grappolo ha acini ovoidali ben distribuiti. Il colore va dal bianco-verde al giallo. Se la trovate nella grande distribuzione o nei mercati, non fatevela scappare.
Fragola: ha grappoli abbondanti e acini dall’intenso sapore di fragoline di bosco. La si conosce principalmente nera, ma può essere anche bianca. Un frutto molto particolare che può essere usato per decorare i dolci.
Ricette con l’uva
Uva sotto spirito
Occorrono 1 kg di uva pizzutello o zibibbo, 1 l di grappa, 100 g di zucchero, qualche chiodo di garofano.
Lavate accuratamente l’uva, sgocciolatela e con un paio di forbici staccate i chicchi migliori (scartando tutti quelli con la buccia danneggiata), lasciando loro attaccato un pezzettino di picciolo.
Mettete l’uva in un vaso di vetro a chiusura ermetica, aggiungete lo zucchero, i chiodi di garofano e la grappa. Tappate e conservate in un luogo fresco, lasciando trascorrere un paio di mesi prima di consumare. Vi consiglio di gustarla per il nuovo anno.
Uva caramellata
Occorrono un bel grappolo di uva bianca (meglio senza semi), 200 g di zucchero, poco olio d’oliva.
Lavate bene l’uva, sgocciolatela e dividetela in racimoli che lascerete ad asciugare. Mettete lo zucchero in una piccola casseruola, aggiungete qualche cucchiaiata di acqua e fate cuocere a fuoco bassissimo. Togliete lo zucchero dal fuoco quando una goccia versata su una superficie fredda si rapprenderà subito formando una perlina dorata. Immergete ogni racimolo nello sciroppo e mettetelo su un piatto unto di olio. Aspettate che lo zucchero indurisca, poi passate una seconda volta l’uva nello sciroppo, lasciando rapprendere e raffreddare. Infine, sistemate l’uva su un piatto da portata o su singoli piattini e servitela quando si sarà raffreddata.
Le verdure di ottobre
In questo mese troviamo: aglio, barbabietole, carote, catalogna, cavolfiori, cavoli rapa, cipolle, fagioli, fagiolini, finocchi, funghi, lattuga, melanzane, patate/patate americane, porri, prezzemolo, radicchio, rape, scorzonera, sedano, spinaci, tartufi, verze, zucca.
Il mercato offre una ricca scelta di verdure, conviene quindi approfittare per immagazzinare la maggior quantità di vitamine, in previsione dell’inverno. Si trovano ancora gli aromi freschi che sarà bene comperare al mercato. Nel mazzetto degli odori mettiamoci ancora l’ultimo basilico e il prezzemolo per le pastasciutte e i minestroni, ma anche la salvia, il rosmarino e l’alloro per profumare gli arrosti. Anche la scorta di sedano non si dovrà mai esaurire nella nostra dispensa; ne adopereremo un paio di gambi, con tutte le foglie per profumare il brodo e lo aggiungeremo alle minestre di verdura o al soffritto per il brasato e il ragù. Sceglieremo il sedano rapa per consumarlo bollito o al vapore, mentre il sedano verde per i condimenti e i brodi. Si conserva bene per diversi giorni, tenuto in frigorifero nel punto più basso (nel cassetto).
La frutta di ottobre
Troviamo nei mercati e nella grande distribuzione: ananas, banane (varia frutta esotica), cachi, castagne, limoni, mandorle, melagrane, mele, nocciole, noci, pere, susine/prugne, uva.
In questo mese sono finite le varietà di frutta estiva, mentre trionfano le melagrane e i cachi, anche se i migliori si gustano a novembre. Troviamo le mele e le pere che spesso preferiamo rimandare all’inverno, quando troveremo soltanto questi frutti e gli agrumi (preziosissimi) oppure la frutta esotica sempre più presente nella grande distribuzione. Infatti, tra i frutti che ci arrivano dall’estero spiccano gli ananas, le banane, i pompelmi.
Gli ananas migliori si dice crescano alle Hawaii, ma certamente sono introvabili in Italia. Si trovano, invece, le varietà provenienti dal Sudamerica, molto buone se arrivate col trasporto aereo, quindi maturate sulla pianta. Vale lo stesso discorso anche per le banane. La buccia dovrà avere una tinta aranciata tendente al rosso, mentre se avesse un colore troppo chiaro questo indicherebbe uno scarso grado di maturazione. Anche la maturazione eccessiva va però evitata, perché in tal caso il sapore sarebbe sgradevole. Attenzione alle eventuali zone molli, sono indice di putrefazione.
I pompelmi possono essere dalla buccia gialla o rosata, liscia e lucente; si usano per delle buone e sane spremute, a differenza dei popoli anglosassoni che mangiano la polpa tagliata a fettine e cosparsa di zucchero. Si osservi che la buccia sia intatta, consistente e priva di parti molli.
I cocktail con il vermut
Come detto sopra, in questo mese indugiare a casa, nel tepore domestico, stimola ad invitare gli amici per degli aperitivi o dei cocktails. Ecco i tipi di vermut e la storia dell’ingrediente iconico dei cocktails più famosi.
Da atti e riconoscimenti ufficiali è confermato che l’epoca in cui si cominciò a produrre il vermut è tra il 1750 il 1760, ma non è altrettanto facile stabilire il nome o i nomi degli inventori. Si sa che il vermut vanta antiche tradizioni soprattutto nelle zone vinicole dell’astigiano e in quelle circostanti e che in seguito fu perfezionato e modificato secondo le imposizioni dell’Università dei Confettieri e Acquavitai di Torino. Dal nome teutonico “wermouth” (che in tedesco significa assenzio) si dovrebbe credere che l’artemisia absinthium (amarissima erba appartenente alle composite) dominasse nell’insieme delle erbe macerate nel vino, ma le varie formule, segretamente serbate dai produttori, non lasciano trapelare tale preminenza: l’origine del nome è avvolto nel mistero.
Un tempo ogni bottiglia di vermut era contrassegnata dalla dicitura “Labouratori” da cui le aziende traevano rinomanza e prestigio; naturalmente oggi il vermut non è più prodotto da piccole aziende artigianali, ma da grandi complessi industriali che assicurano il fabbisogno nazionale e le esportazioni. Il vermut moderno si ottiene con una opportuna lavorazione di vini bianchi, che devono essere secchi, limpidissimi e di eccellente qualità. Questi vini vengono per prima cosa aromatizzati, attraverso vari procedimenti di macerazione, distillazione o infusione, con numerose varietà di erbe, radici, semi, bucce e fiori, una trentina in tutto, tra le quali deve essere presente l’assenzio. In seguito, il vermut così aromatizzato viene fortificato per arrivare al giusto punto di alcolicità, viene dolcificato e portato alla colorazione desiderata. Infine, dopo essere stato ripetutamente filtrato, viene fatto stagionare.
Esistono quattro tipi di vermut: rosso, dry, bianco e amaro ed è bene conoscerli poiché le differenze non sono da poco fra le diverse marche che si trovano in commercio. Per essere degustato allo stato puro, il vermut dovrà essere portato alla temperatura ideale di circa 5 o 6°.
Il vermut rosso, che nella nomenclatura specializzata internazionale è indicato come Italian vermut, Normal o Sweet vermut o Turini, è il capostipite e molto in uso. Classico e tradizionale mantiene il suo colore fortemente ambrato che, in alcune marche, si spinge a toni più marcati. La sua alcolicità si aggira sui 16 gradi. Esprime le sue doti di ottimo aperitivo, bevuto a una temperatura superiore (10-12°). È componente determinante in un’estesissima gamma di preparazioni miscelate. Basti ricordare il suo impiego nel vecchio “Americano”, nel “Negroni” e negli iconici “Manhattan”, “Rob Roy” e “Gin and It” dove It sta per antonomasia.
I vermut amari hanno una storia più recente, ma è lecito ritenere che già in tempi lontani fossero conosciuti. Hanno prerogative simili ai cosiddetti “chinati” che non si trovano più in commercio. In genere sono di colore più marcato e, per le caratteristiche amaricanti, trovano minor impiego nei cocktails. L’alcolicità si aggira sui 16,5 fino a 17°.
Il vermut bianco è, in Italia e all’estero, il più conosciuto. Dall’elegante color paglierino, più o meno tenue, sprigiona un’aromatica, gradevolissima essenza semisecca. Si presta ottimamente ai cocktails quale ingrediente in grado di trasformare le fragranze.
Vermut Dry. Prende piede in Italia più tardi, quando anche le aziende italiane iniziano a includere nelle loro produzioni la versione secca. Il dry ha interpretato influssi di moda e variabilità del gusto in senso assoluto. Ha perso definitivamente la discreta ambratura che aveva, ha trovato secchezza più spinta, è quasi immune all’ossidazione e non presenta le precipitazioni di un tempo. Trova un uso massiccio nella moda dei cocktails con la straordinaria popolarità dei Martini e Gibson e nell’uso dei “on the rocks”. Ha gradazione alcolica più alta, 18,5° e il grado zuccherino ridotto fra il 2 e 3,5% (i vermut amari arrivano al 20%).
Alcuni cocktail (dosi per una persona)
Manhattan
Ingredienti: 2/3 di whisky canadese, 1/3 di vermut rosso, una goccia di angostura, una ciliegina, un cubetto di ghiaccio.
Mettete il ghiaccio nel mixing glass, versatevi sopra il whisky, il vermut e l’angostura. Mescolate con l’apposito cucchiaio, quindi versate nel bicchiere che guarnirete con una ciliegia infilata in uno stecchino.
Martini Dry
Ingredienti: 3/4 di dry gin, 1/4 di vermut dry, una buccia di limone, un cubetto di ghiaccio.
Mettete nel mixing glass il ghiaccio, versatevi sopra il dry gin e il vermut dry. Mescolate gli ingredienti col cucchiaio, quindi versate nei classici bicchieri da cocktail, servite con la buccia di limone. L’agente segreto più famoso del mondo, 007, non sarebbe d’accordo: a James Bond piace agitato, non mescolato. Questione di gusti, of course!
Negroni
Ingredienti: 1/3 di bitter, 1/3 di dry gin, 1/3 di vermut rosso, una fetta di arancia, un cubetto di ghiaccio.
Mettete in un tumbler (bicchiere a base larga) il ghiaccio, versate il dry gin, il bitter e il vermut. Mescolate col cucchiaio, introducete la fetta di arancia con la buccia e servite subito.
Galateo della tavola: pratica o elegante
La tavola cambia aspetto e tono a seconda dell’ora, le occasioni e anche le stagioni.
Per i pasti familiari, per le occasioni con gli amici di vecchia data, per i pranzi improvvisati e in genere per i pranzi estivi, all’aperto o no, opteremo per una tavola pratica. Invece sarà più elegante in caso di pranzi o cene con ospiti di riguardo, importanti; sarà ancora più raffinata, curata nei particolari e nella scelta degli accessori, per occasioni particolarmente impegnative, per le ricorrenze speciali (Natale, compleanno, laurea, festeggiamenti come comunioni, cresime, ecc.) o per grandi cene di “rappresentanza” per chi ha ancora il coraggio di organizzarle a casa. Sarà particolarmente curata anche la tavola per una cena romantica.
La tavola pratica
Naturalmente non è una tavola trascurata o sciatta: per tutti i giorni o per pranzi/cene improvvisati si prepara con garbo, le si dà un aspetto armonico, invitante anche se semplice. Tenete presente che la sciatteria della tavola induce a una sciatteria di maniere e comportamenti che poi diventa difficile correggere nei momenti importanti. Se si vuole essere corretti e garbati in pubblico, occorre esserlo per primo nel privato e in famiglia.
Se la tavola è di tipo familiare, sportivo, si potrà usare una tovaglia a colori vivaci, con disegni allegri e naturalmente pulita. Per i pranzi semplici, all’aperto (quando la stagione lo consente) si può utilizzare una stoffa sintetica lavabile. I tovaglioli di carta a tavola dovrebbero essere banditi, bisognerebbe usarli soltanto per i pic-nic, e prediligere quelli di cotone in abbinamento con la tovaglia. Mi rendo conto che non sia facile, dato che poi si dovrebbero lavare, ma davvero cambia radicalmente il modo di vivere i pasti scegliendo i tessuti più appropriati.
Il vasellame oggi lo troviamo in molti materiali, particolarmente pratici e invitanti: come i piatti di vetro o terracotta. Le posate devono essere in acciaio invece, ma anche con il manico di plastica colorato, legno o bambù per dare un tono informale alla tavola. I bicchieri di grosso vetro colorato si abbinano a questo genere di tavola, dando colore e allegria all’insieme.
Se la tovaglia è di colore vivace e tinta unita, il vasellame pure colorato ci sta bene, magari con dei sottopiatti in stoffa che vi si abbinino.
Tavola rustica. Per una tavola pratica il tono rustico è molto azzeccato. La tovaglia in canapa o cotone grezzo, di un unico colore acceso oppure ocra o colori naturali; il vasellame di terracotta e persino i bicchieri di teak impermeabile, in alternativa al vetro pesante e colorato, di forma semplice e piuttosto tozza (mai a calice). Una tavola così non necessita di un centro tavola, però nemmeno stona un oggetto semplice che non ingombra, come una ciotola di legno per la frutta. Naturalmente una zuppiera fumante sostituisce ogni centro tavola e rallegra gli animi.
Tavola all’americana. La tavola pratica per eccellenza, la si vede in tutti i film, telefilm e sitcom. Vasellame, bicchieri, posate sono gli stessi, cambia solo la base: la tovaglia è sostituita da tovagliette separate che possono essere di forma, di materiale e disegni diversi. Simpatiche nel tono rustico, le tovagliette intrecciate di fibre naturali si accordano con i piatti di terracotta e pesanti bicchieri colorati. Molto pratiche le tovagliette di cotone facilmente lavabili e stirabili, sia in tinta unita che a righe, fiori, ecc. Questo tipo di tavola respinge il centrotavola: disturberebbe l’insieme già movimentato e spezzettato, può dare un tono piacevole un semplice vaso di fiori di vetro.
Simpaticissima e comoda, per una coppia, la tovaglietta unica, vis-à-vis: si tratta di una striscia di tessuto posata trasversalmente sulla tavola, ai due capi siedono i commensali e le pietanze stanno al centro.
I tovaglioli come le tovagliette possono essere a tinta unita, con motivi floreali, righe e altro a seconda dei gusti.
La tavola elegante
La tavola elegante classica ha, storicamente, la tovaglia bianca o di un tenue colore pastello, che può essere con ricami o no, ma deve essere in tessuto pregiato come lino, fine batista o un tempo anche pizzo di Venezia o pizzo francese (in questo caso il colore del sotto tovaglia deve essere di colore contrastante ma non vivace).
Le posate di argento (per chi le ha), cesellato o no, i bicchieri di cristallo, preferibilmente a calice, di cristallo armonizzante o di argento anche le caraffe. Il vasellame di porcellana fine, in tinta unita o filettata d’oro o con leggeri e raffinati motivi floreali.
Il centro tavola, importantissimo nella tavola elegante classica, dovrà accordarsi a tutto il resto, in una composizione lieve e raffinata.
Se l’insieme della tavola è di tinte smorzate e se il vasellame non è fiorito, accanto a ogni coperto starà bene un fiore di tinta accesa, magari unito a un eventuale cartellino segnaposto.
Naturalmente questa è la versione classica per eccellenza, una tavola elegante può avere una base più audace: al posto della bianca tovaglia tradizionale, può avere una tovaglia coloratissima, in tinte unite accese (rosso, verde, giallo, oro, marrone e nelle tonalità del blu) con larghe strisce contrastanti oppure a grandi disegni (belli i motivi retrò del liberty). Il vasellame e le posate dovranno essere in stile e il centrotavola, di argento o cristallo, completerà l’insieme con composizioni floreali indovinate, dai colori intonati o a contrasto con la tovaglia.
Per una tavola originale si può optare per un tessuto damascato, broccato, liscio e molto pesante che potrà essere a righe, a losanghe, a fiori stilizzati, barocchi o liberty. Colori azzardati come il viola, l’arancio, perfino il nero (che però richiede un attento studio di colore sugli accessori e sulle decorazioni). Su queste tavole la porcellana è di norma bianca, ocra o in uno dei toni base del tessuto della tovaglia. Bicchieri di cristallo, posate d’argento, di peltro ma anche d’acciaio ben lavorato.
Per un’occasione elegantissima, con una tavola rotonda (e non molti invitati) la tovaglia di pizzo, magari con trasparente lamé d’oro, bicchieri di cristallo filettati d’oro e lo stesso anche i piatti di porcellana, posateria dorata o d’argento brunito e un centrotavola armonioso.
Tavola a contrasto. La scelta migliore se non si ricerca l’aspetto sontuoso, ma non per questo meno raffinato, mescolando con originalità elementi tradizionali a elementi moderni.
Su tovaglie di tipo rustico (grossa canapa in tinta unita, a quadri o righe, ecc.) si posano fini porcellane, lunghi bicchieri a calice, argenteria cesellata, centrotavola di gusto antico.
Allo stesso modo, si posano grosse porcellane rustiche, sottopiatti di legno, bicchieri colorati, accessori ultramoderni su antiche, aeree tovaglie di pizzo. Occorre però, per questi contrasti, un gusto sicuro.
La tavola elegante può essere anche all’americana. In questo caso, meglio astenersi dal pericolo “contrasti” per non creare disordine nella già movimentata tavola. Su eleganti tovagliette di lino, ricamato o no, di organza, di pizzo, di batista si poseranno porcellane tradizionali, posate d’argento, bicchieri di cristallo e qualche singola (a commensale) decorazione.
Per la tavola romantica a due, ideale è la tovaglietta vis-à-vis, che dovrà essere in tessuto raffinato, con motivi floreali se il vasellame è a tinta unita, di un solo colore se è decorato.
In ogni caso, per ogni tipo di tavola, attenzione a non creare contrasti sgradevoli. Su una tovaglia a fiori stonerebbe del vasellame a motivi geometrici e viceversa. Le tovaglie a motivi piccoli stanno bene con il vasellame in tinta unita o leggermente filettato e con tovaglia sempre in tinta unita, oppure nella stessa fantasia della tovaglia.
Giocare su due o tre colori contrastanti e ripeterli nella tovaglia, nel vasellame, nelle decorazioni. Oppure, scegliere un colore dominante, per esempio il rosso, e alternarlo con sfumature oro o verdi (tavola di Natale).
Le stesse tinte saranno riprese dal centrotavola per ottenere un insieme molto moderno e raffinato. Ovviamente occorre fare i conti con i propri mezzi, con gli accessori che si ha a disposizione e con il gusto personale.
Sia nella tavola pratica che in quella elegante, l’armonia dei colori e delle forme è essenziale, più che la raffinatezza e la preziosità dei singoli oggetti. Tutto ciò rivela il buongusto e la cura che ognuno di noi dovrebbe avere.