Storia delle spezie
La storia del mondo è collegata a quella delle spezie, direttamente responsabili di guerre e della definizione delle rotte delle navi; hanno portato alla scoperta di nuove terre, prodotto editti e decreti papali, terapie mediche, preparati cosmetici e rituali religiosi. Oltre – ovviamente – all’uso in cucina e nella conservazione.
Già 5000 anni fa, in Cina, l’imperatore Shennong scriveva un trattato medico in cui esaltava le virtù dello zenzero, della cassia, dell’anice e della curcuma. Avviò mercati di spezie in tutto l’impero e la sua longevità fu attribuita alla grande quantità di spezie utilizzate nell’alimentazione e nella cura. Confucio, intorno al 550 a.C., raccomandava ai suoi discepoli di non mangiare alcun cibo se non regolarmente preparato con le spezie.
Circa nello stesso periodo, nella penisola arabica si commerciava in spezie con l’India. I porti indiani delle spezie, sulla costa di Malabar, erano fiorenti e commerciavano il cardamomo, lo zenzero, la curcuma, i pimenti, il sesamo e il cumino. Le navi trasportavano piante di zenzero, utilizzato nei secoli come cura per il temibile scorbuto. I popoli del Medioriente acquistavano la cannella dallo Sri Lanka, invece il macis, la noce moscata e i chiodi di garofano dalle Indie Orientali; per la mirra si recavano in Africa Orientale ed erano essi stessi produttori di incenso. Le lunghe rotte commerciali di carovane di cammelli passavano da Calcutta, o attraverso il Golfo Persico. Si trattava di un commercio molto redditizio, tanto che i commercianti non rivelarono mai l’esatta posizione delle terre di provenienza delle spezie; anzi, inventarono storie fantastiche per fuorviare i concorrenti. I ricchi mercanti erano importatori ma anche esportatori di spezie: compravano e vendevano in Egitto, Persia e nel Mediterraneo, da dove le spezie raggiungevano l’Europa.
Nell’antica Grecia e a Roma le spezie erano talmente apprezzate e famose che si utilizzavano per applicazioni cosmetiche e medicinali, però l’opulenza dell’Impero tendeva a sprecarle, usandole come uno status symbol di benessere. Si racconta che Nerone, ai funerali della moglie, bruciò le scorte di cannella di un anno intero, dell’intera Roma.
I Greci, dal canto loro, erano più oculati. Mangiavano cibi semplici e non molto saporiti. Il filosofo Epicuro, considerato un edonista, pur sostenendo che il piacere è tutto ciò in cui consiste la vita, affermava pure che essa doveva essere semplice e goduta con moderazione. Soltanto quando la civiltà greca cominciò in suo lento declino, le spezie si iniziarono ad usare in abbondanza.
Con l’espansione dell’Impero Romano in Europa, si cominciarono ad esportare anche le spezie e se ne trovarono di nuove nei territori occupati che avevano delle loro vie di approvvigionamento.
Quando i Visigoti assediarono Roma, nel 408 d. C., pretesero un riscatto di 13 quintali di pepe. Il saccheggio della città eterna segnò l’inizio di un’età oscura per tutto il continente. Il commercio delle spezie continuò nel Medio e nell’Estremo Oriente, ma in Europa l’arte delle spezie fu dimenticata; fino a quando, nel XII secolo, ricomparvero di nuovo portate dai Crociati dalla Terrasanta. L’Europa si risvegliò e il commercio di spezie rifiorì un’altra volta.
Venezia e Genova divennero ricche grazie a queste nuove rotte commerciali. La cucina medievale trasse nuovo impulso e originalità nel momento in cui il gusto richiedeva pietanze speziate e molto colorate, a dispetto del costo. Ci fu un tempo in cui una pecora poteva essere barattata con mezzo chilo di zenzero e una mucca con un chilo di macis, per un cavallo ci voleva mezzo chilo di zafferano. Se ci pensiamo, oggi per un chilo di zafferano ci vogliono almeno 25 mila euro. Direi che i tempi cambiano ma non più di tanto.
Nel Medioevo il pepe aveva un valore così alto che il suo prezzo era calcolato per singoli grani, usati come moneta per pagare tasse, balzelli, affitti. Più tardi, quando divenne meno prezioso, i grani di pepe si usarono solo per gli scopi che conosciamo.
Il mondo arabo, tuttavia, continuava a controllare il flusso e i commerci delle spezie, mantenendo i prezzi molto alti. All’inizio del XIII secolo, Marco Polo lasciò Venezia per trovare una nuova via verso l’Oriente – una via che permettesse di aggirare i mercanti arabi. Al suo ritorno, 25 anni dopo, portò con sé favolose ricchezze e tesori dell’imperatore cinese Kublai Khan, tra questi tesori c’erano le spezie. Ci sarebbero voluti altri due secoli prima che gli Europei, esasperati per i prezzi esorbitanti, decidessero di fare qualcosa.
L’alleanza commerciale di Venezia con il mondo arabo manteneva artificialmente alti i prezzi e forniva ai Veneziani molta ricchezza e, dunque, non poteva certo essere un veneziano a far cambiare le rotte. Ci provò il principe Enrico del Portogallo, conosciuto come “Enrico il Navigatore”, che finanziò molte spedizioni intorno all’Africa. Questo accadeva quando ancora le navi non avevano mai osato abbandonare la navigazione lungo le coste, con la terraferma visibile. Enrico visse abbastanza per vedere uno dei suoi viaggi che centrò l’obiettivo. Dal 1480 i Portoghesi con Bartolomeu Dias e Vasco da Gama circumnavigarono l’Africa e aprirono una nuova via verso l’India.
Uno sconosciuto italiano al servizio della Spagna, Cristoforo Colombo, affermava di poter raggiungere l’India prima dei Portoghesi navigando verso ovest, nell’Oceano Atlantico ancora sconosciuto. Ritornò carico di pepe dalla Giamaica, dalle cosiddette Indie Occidentali, di peperoncino e vaniglia dal Messico.
Iniziarono così le guerre per il commercio delle spezie; per evitare a Spagnoli e Portoghesi di confliggere, il Papa fu costretto a promulgare un editto con il quale divideva la terra in due – la Spagna poteva disporre di tutto ciò che era a ovest di una linea immaginaria dell’Oceano Atlantico, mentre al Portogallo venne assegnato ciò che si trovava ed est.
Gli Spagnoli assoldarono Magellano (che era portoghese) per navigare verso ovest con 5 navi e oltre 200 marinai, in direzione delle Molucche e isole Banda di cui al tempo non si sospettava l’esistenza. Se avesse raggiunto l’obiettivo da ovest, gli Spagnoli sarebbero rimasti all’interno della propria sfera di competenza, senza incorrere in una scomunica del Papa e mettendo le mani sul mercato delle spezie. Magellano non vi riuscì, morì nelle Filippine, però scoprì un nuovo Oceano che chiamò Pacifico e una sua nave aprì una nuova, essenziale rotta attraverso lo stretto di Magellano.
Successivamente gli Inglesi e gli Olandesi si buttarono su questo fiorente mercato con le loro navi imponenti. Gli Olandesi fondarono la Compagnia Olandese delle Indie Orientali per commerciare direttamente con l’India, mentre gli Inglesi sfruttarono l’abilità e l’audacia di Francis Drake per trovare un passaggio alternativo verso la Cina. Tra Inghilterra e Spagna scoppiò una guerra che sfociò nella disfatta dell’armata spagnola, Armada Invencible e la costituzione, da parte inglese, della famosa Compagnia delle Indie Occidentali.
Nel 1658 gli Olandesi, combattendo i Portoghesi, si appropriarono del mercato della cannella di Ceylon (Sri Lanka), cui aggiunsero i porti di Malabar e Giava per il pepe. Dal 1690 riuscirono a dominare il mercato dei chiodi di garofano bruciando tutti gli alberi che crescevano fuori dall’isola di Ambon. Gli Olandesi tennero con ferocia il monopolio per sessant’anni, fino a che un francese riuscì a portare fuori dall’isola un frutto fresco che fu piantato nelle colonie francesi.
Alla fine del XVIII secolo gli Inglesi avevano cacciato gli Olandesi dall’India e, in breve, Londra diventò il centro mondiale del commercio delle spezie. Un predominio che non sarebbe durato a lungo.
Durante la Rivoluzione Americana, i coloni costruirono velieri da guerra agili e veloci, per dare un duro colpo alla marina inglese. Quando vinsero la guerra riutilizzarono le stesse navi per navigare verso le Indie Orientali e stroncarono il monopolio inglese delle spezie.
I tempi sono cambiati, per le spezie non si sono fatte altre guerre in epoca contemporanea. Oggi le troviamo conservate o essiccate in qualsiasi supermercato. Tuttavia, sarebbe un bene rimetterci a macinarle, risvegliare il nostro gusto con gli aromi ricchi e pungenti che cambiano radicalmente il sapore delle pietanze. Non servono più come conservanti, usate nei secoli, però sappiamo che forniscono una vasta gamma di sapori ed esperienze.
I peperoncini scoperti in Messico sono stati introdotti in India e aggiunti ai tipici sughi orientali, una fusione di novità e tradizione che ha arricchito la cucina indiana. Allo stesso modo, il Canada è diventato il maggior produttore di senape al mondo, mentre la noce moscata e il macis non si raccolgono soltanto alle Molucche ma anche a Granata.
Le spezie per millenni sono state considerate farmaci prodigiosi, tanto che le antiche farmacie si chiamavano spezierie e nella Firenze dantesca l’ordine dei medici e degli speziali era tenuto in grandissima considerazione. Attualmente, con i farmaci di sintesi e i progressi della scienza medica, le spezie non sono cruciali nella cura delle malattie, però si utilizzano molto nella produzione di cosmetici e profumi, ed hanno un notevole valore commerciale per le naturali proprietà coloranti e conservanti. Inoltre, ci sono sempre più studi scientifici che mirano a conoscerne meglio le proprietà curative, a livello molecolare, dandoci una visione più ampia del possibile impiego. Infatti, si attribuiscono alle spezie proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e digestive, utili a proteggere gli stati perenni d’infiammazione nei nostri organismi stressati e male nutriti, proteggendoci – per quanto possibile – dalle malattie. Sappiamo che la curcuma, ad esempio, rafforza il sistema immunitario e lo zenzero allevia la nausea e i dolori articolari.
Prossimamente ci saranno degli approfondimenti sulle singole spezie ma anche riguardo al loro uso in cucina e per la salute, il relax e la cura personale.





