16 Febbraio 2021

Crostoli e fritole, dolci di Carnevale

By admin

Crostoli, chiacchiere, frappe, galani sono solo alcuni dei nomi che indicano uno dei dolci tipici di Carnevale che si prepara in varie regioni italiane e che è fondamentale in Istria fin dai tempi antichi. Secondo gli storici, infatti, i crostoli hanno origini romane e si preparavano già all’epoca in modo semplice, con farina e uova; poi si friggevano nello strutto e si cospargevano di miele.

Crostoli

Prendevano il nome di “frictilia” per il loro friggere nel grasso, e venivano preparati dalle donne romane per i Saturnali. Questa era una delle più diffuse e popolari festività religiose della Roma antica, celebrata ogni anno dal 17 al 23 dicembre, in onore di Saturno, dio romano della seminagione. Il carattere spesso goliardico dei Saturnali, con banchetti abbondanti e festeggiamenti licenziosi, ricorda il nostro Carnevale; mentre il periodo era quello del solstizio d’inverno in corrispondenza al nostro Natale. In epoca cristiana i crostoli si preparavano in grandi quantità poiché dovevano durare per tutta la Quaresima e anche perché spesso si servivano alla folla che si riversava nelle strade per festeggiare il Carnevale; la semplicità del dolce, la preparazione facile ed economica, consentiva di farne in grandi quantità. Esiste poi anche una leggenda napoletana, ben più tarda, che spiega il nome “chiacchiere” dato al dolce. Si racconta che la Regina di Savoia voleva chiacchierare con i suoi invitati (il gossip di un tempo) e a furia di spettegolare le venne fame; chiamò allora il cuoco di corte, Raffaele Esposito, per farsi fare velocemente un dolce da servire agli ospiti per allietare la chiacchierata. Fu così che il cuoco prese spunto dalla richiesta della sovrana e chiamò “chiacchiere” i nostri amati crostoli. L’altro dolce tipico del Carnevale sono le fritole, bontà veneziana che si serviva anche nel resto dell’anno.

Fritole

La fritola è indubbiamente la regina dei dolci veneziani e vive il momento magico a Carnevale, seppure sia fondamentale anche sotto Natale. La storia di questo dolce risale alla seconda metà del ‘300 e la ricetta è una delle più antiche custodite in un documento di gastronomia (si trova presso la Biblioteca Casanatense a Roma). La versione rinascimentale della fritola era tra le ricette degli appunti di cucina di Bartolomeo Scappi, leggendario cuoco di corte cinquecentesco, contenuti in una miscellanea di documenti al Museo Correr di Venezia. Non si trattava di una preparazione casalinga ma di un’autentica arte dolciaria, esercitata dai fritoleri che nel ‘600 si erano persino costituiti in una corporazione. Ogni fritoler esercitava in una specifica zona della città e tramandava la sua singolare attività commerciale ai propri figli. Nel ‘700 la fritola fu proclamata “Dolce Nazionale dello Stato Veneto” ed era motivo d’orgoglio per la città; a Carnevale veniva fritta nel grasso di maiale, il resto dell’anno nell’olio. L’antica arte della fritola ebbe fine soltanto negli ultimi anni dell’800, quando divenne patrimonio delle singole famiglie che continuarono a prepararla, tramandandone le ricette. A Venezia esiste anche una versione ebraica della fritola, nata nel Ghetto e preparata tuttora per la festa del Purim.

Anche l’arte ha celebrato questo dolce così amato e versatile, ne è testimonianza il dipinto “La venditrice di fritole” di Pietro Longhi; nell’opera si vede la venditrice che prepara ad un nobiluomo le fritole infilate in uno spiedo per poter essere mangiate ancora calde, senza ungersi le dita. Goldoni celebra l’arte della fritola nella famosa commedia teatrale “Il Campiello” del 1756, in cui la protagonista, Orsola, è una fritolera. Tuttora tra Natale e Carnevale è usanza fare le fritole in tutto il territorio dell’indimenticabile Serenissima e molte sono le varianti della ricetta classica. In questo articolo vi propongo due ricette familiari e molto amate dei crostoli e delle fritole, preparati da mia madre con antica e raffinata maestria.

Crostoli di Palmina

Crostoli

A Stridone mia madre ha sempre avuto molte amicizie femminili e le ha conservate anche negli anni in cui si è trasferita a Trieste. Una di queste amiche era la signora Palmina che le diede la ricetta dei crostoli sottili e friabili che si sciolgono in bocca. Palmina non è più tra noi da tempo e il profumo dei “suoi” crostoli appena fritti evoca ricordi lontani.

Mettete la farina a fontana (la quantità è di circa 250 g ma bisogna decidere ad occhio), al centro rompete tre tuorli e un uovo intero, aggiungete un cucchiaio di zucchero, tre cucchiai di vino bianco, due di rum e un pizzico di sale. A questo punto impastate e “sentite” la pasta corposa sotto le mani. Quando sarà ben amalgamata, dividetela in 4-5 pezzi, appiattiteli con la mano e passateli nei rulli della macchina per la pasta fino a quando non saranno sottili (al numero 5 circa). Tagliate l’impasto a strisce con l’apposita rotellina e intrecciate in fiocchi e nodi. Friggete i crostoli in abbondante olio di semi fino a quando saranno dorati. Fateli asciugare sulla carta assorbente e cospargeteli di zucchero a velo.

Fritole di Romanita

Fritole

Questa è la versione delle fritole di mia madre, morbide e buone, da conservarsi per qualche giorno. Occorrono tre uova, 40 g di lievito, 400 g di farina, 50 g di zucchero, 50 g di uvetta, una mela grattugiata, uno yogurt bianco, la scorza grattugiata di un limone, rum, abbondante olio di semi.

Sciogliete in una tazza il lievito con poco latte tiepido, un cucchiaio di farina e un cucchiaino di zucchero e fate lievitare coperto. In una terrina mettete la farina, le uova, lo zucchero, un pizzico di sale, la mela grattugiata, l’uvetta tenuta in ammollo nel rum, lo yogurt. Aggiungete il lievito e incorporate bene con il cucchiaio di legno. Coprite e lasciate lievitare per un’ora. In un capiente tegame fate scaldare l’olio di semi; quando sarà bollente, prendete la pastella a cucchiaiate non grandi e buttatela nell’olio. Via via che si friggeranno, disponetele sulla carta assorbente. Una volta tiepide cospargetele di zucchero a velo e servitele.