14 Maggio 2013

La donna nella filosofia

By admin

 

Nell’ambito delle conferenze organizzate dalla libreria Borsatti di Trieste, via Ponchielli 3, è iniziato il ciclo di incontri sul contributo delle donne alla conoscenza, intesa in senso globale. La prima conferenza, tenutasi il sette maggio, verteva sull’apporto dato alla cultura filosofica. Argomento affascinante, non molto trattato dalla letteratura divulgativa. Sarà seguito nelle prossime settimane dagli apporti femminili nelle arti, nella didattica e nella scienza. I curatori, Guido Marotta e Elena Radin, hanno introdotto gli argomenti corredati da libri e proiezioni, affinché il pubblico comprendesse la dimensione vitale e suggestiva del pensiero femminile dipanatosi nei secoli. Quindi la filosofia, la madre di ogni scienza e conoscenza che oggi percepiamo come frutto di un’antica evoluzione, presso gli antichi pagani, raccoglie il contributo della donna, pur mantenendo fermi gli assiomi fondamentali del logos maschile. Si inizia con Saffo (fine VII sec., prima metà VI sec. a.C), poetessa e pensatrice, vissuta a Lesbo. Eternamente nota per i sublimi versi poetici, sarà legata da profonda amicizia al poeta Alceo e, nonostante la leggenda sulla sua presunta omosessualità, avrà una figlia. Dedicherà la vita all’arte e alla conoscenza, educherà le fanciulle di buona famiglia con dedizione e competenza nella sua “scuola di saggezza”, istituto diffuso nella Grecia antica. Tra le tante leggende che la riguardano, particolare interesse viene dato al suo presunto suicidio, pare per l’amore non corrisposto di un uomo. Nella filosofia però questo fatto diventa un concetto basilare, fondamentale, anche per pensatori quali Ovidio ed il futuro neopitagorismo. Infatti Saffo che annega nel mare è visto come il simbolo dell’anima che annega nell’armonia del Creato, unendosi all’Infinito. Ad ogni modo, fin dall’antichità, il suicidio della grande poetessa è visto come un’allegoria e non un fatto reale, essendoci molte prove che sia vissuta fino a tarda età. I suoi carmi lirici saranno a lungo conservati nella grande biblioteca di Alessandria, poi andata distrutta. Si conservano ad oggi frammenti trasmessi da molti pensatori antichi. L’importanza della donna nel pensiero, nella gestione del potere politico ed economico, incontra tante resistenze anche nei secoli del classicismo greco e non solo. Spesso i nomi di personaggi noti sono trasformati dal femminile al maschile e trascritti modificati. Interessante è l’esempio di Hatshepsut, figlia di Thutmose I, divenuta faraone. Dopo aver ottenuto il favore dei più alti funzionari e del clero tebano, ascende al trono e cerca di far passare la nomina come volontà del padre. Si trattava in realtà di una coreggenza, ma il suo contributo alla storia fu considerevole. Thutmose III, il fratellastro che divideva con lei il trono, appena deceduta la donna, fece il possibile per attribuire a se stesso ogni merito della lungimirante reggenza, fino a cancellarne il nome o trasformandolo in maschile. La principessa per un periodo fu considerata la madre adottiva di Mosè, ma tale credenza è stata smentita da molti storici e biblisti.

Proseguendo il cammino attraverso l’antichità, ci imbattiamo in un’altra suggestiva e poco nota figura. Si tratta di Diotima, maestra del grande Socrate. Di lei Platone parla nel Simposio, del suo grande amore per la conoscenza che ha influenzato una delle menti più brillanti del pensiero filosofico di tutti i tempi. Ma la figura più nota ed influente del periodo classico è senza dubbio Ipazia. La sua figura è indissolubilmente legata alla distruzione della grande biblioteca di Alessandria d’Egitto. Vissuta nel IV sec. d.C, figlia del matematico Teone Alessandrino, superò il padre in genialità e creatività. Note erano le sue lezioni pubbliche nella principale piazza della città, dove giungevano persone da ogni parte del mondo antico per ascoltarla. Famose erano anche le sue opere di matematica e astronomia, oltre che di filosofia neoplatonica, tutte andate perdute. Ipazia mise in discussione il modello tolemaico che avrebbe dominato per tutto il Medio Evo, anticipando di molti secoli Keplero. A capo della scuola alessandrina, mente brillante e straordinaria, Ipazia sarà il simbolo del martirio laico. Entrata in conflitto col potere dell’epoca a causa della sua libertà di pensiero, del suo tentativo di trovare un modo per far coesistere pagani e cristiani in quella che era la città più acculturata del mondo, vedrà il fanatismo religioso bruciare la grande biblioteca, privando l’umanità di pagine fondamentali del pensiero filosofico, scientifico e artistico. Il vescovo d’Alessandria Cirillo, inventore del sistema di scrittura dei popoli slavi, proclamato santo, pare sarà il responsabile della sua violenta uccisione. In un clima di odio sempre più crescente che vede i cristiani macchiarsi di atti d’estrema intolleranza nei confronti degli ellenici e degli ebrei, Ipazia sarà assassinata e il suo corpo, fatto a pezzi, bruciato. Si è persa così, per lungo tempo, la memoria e l’apporto che questa grande donna ha dato al genere umano. Il testo più significativo, attualmente in commercio, che tratta in modo approfondito la filosofa è di Silvia Ronchey, per i tipi di Rizzoli, “Ipazia. La vera storia”. Interessante e controverso anche il film  Agorà, del regista spagnolo Alejandro Amenabar, del 2009, con il premio Oscar Rachel Weizs che interpreta magistralmente la filosofa. In Italia il film è uscito con un anno di ritardo, dopo molte insistenze di quotidiani e case distributrici cinematografiche. Si vocifera che forti ingerenze vaticane volessero impedirne la diffusione.

La donna pensatrice non era ben vista dalla sempre più potente religione cristiana, tanto che per molti secoli non ci saranno figure abbastanza energiche in grado di emergere tra i pensatori di tutto l’Alto e Basso Medioevo, ma anche ben oltre. Se nella Scuola di Salerno troviamo donne medico come Tortula de Ruggiero, siamo ben consapevoli della fine che facevano le erboriste e levatrici nei bui secoli dell’Inquisizione. Il salto temporale tra Ipazia e le prime donne che si occuperanno attivamente di filosofia, pare impressionante. Bisogna attendere Cartesio e la sua intensa corrispondenza con Elisabetta di Boemia e Cristina di Svezia. Il grande pensatore avrà uno scambio di idee molto intenso con le due nobildonne, tanto da essere ospite della regina di Svezia per un lungo periodo; sarà infatti nella sua dimora che l’iniziatore della filosofia moderna si spegnerà nel 1650.

L’Ottocento sarà il secolo della vera svolta, una nuova fase storica, politica e culturale, che darà maggiori opportunità di espressione alle donne. Anche se alcune figure appariranno sporadicamente nell’Illuminismo, sarà solo nella seconda metà del Diciannovesimo secolo che le donne riprenderanno a occuparsi di temi strettamente filosofici. Interessante l’interpretazione che durante la conferenza viene data alla figura della scrittrice Mary Shelley, nota per essere l’autrice di Frankenstein. Figlia di un filosofo, la talentuosa autrice, comunemente nota come l’inventrice del genere horror, darà un simbolismo profondo al personaggio che la renderà celebre. La Rivoluzione Industriale viene vista come un sistema che cerca di far vivere cose morte, genera differenze sociali che hanno venature mostruose; un mondo quasi senza controllo, privo di umanità, e le conseguenze devastanti della Macchina nella vita dell’essere umano. Da qui in poi troviamo sempre più presenze femminili sulla scena culturale europea, prevalentemente donne ebree. La visione cosmica nella cultura razionalista dell’ultimo secolo è uno dei grandi lasciti di Simone Weil. Mistica e filosofa di altissimo livello, la Weil esplorerà molte esperienze umane, anche estreme. Vicina per un periodo alla filosofia marxista, lascerà il lavoro di insegnante per impiegarsi come operaia alla Renault, con l’intento di sperimentare le reali condizioni di vita della classe operaia. Successivamente si avvicinerà al cristianesimo ma anche ad altre religioni orientali, cercando risposte e sintesi di pensiero. Profonde saranno le intuizioni  che la legheranno a sensibilità naturalistiche, ad una visione olistica della conoscenza, in grado di mettere in pace l’uomo col Cosmo e la Natura.

Un’altra grande e nota filosofa sarà Hannah Arendt, discepola di Heidegger. Famosa per il concetto di “Amor Mundi”, affermerà: “l’unica specie di amore che conosco è quello per le persone”. Per la Arendt il concetto di progresso umano è stato privato del suo senso storico ed è degradato a fatto naturale, tanto che il nuovo viene sempre considerato meglio del vecchio, si tratti di persone, cose, concetti o idee. Come se la modernità ed il progresso, di per sé, ci liberassero di pregiudizi e banali idiozie. Creerà un certo sconcerto quando, durante il processo ad Eichmann tenutosi in Israele, sarà chiamata quale consulente. Affermerà infatti che, pur essendo il criminale nazista un uomo di una certa cultura, era affetto da una profonda “idiozia morale”, l’incarnazione assoluta della banalità del male, che gli ha di fatto impedito di rendersi conto dei suoi crimini: egli non faceva altro che ubbidire agli ordini e svolgere con diligenza il suo lavoro.

Simone de Beauvoir, rappresenterà per intere generazioni di donne la filosofa femminista che ha cambiato il mondo femminile, nel pensiero e nell’azione. Nota a tutte noi è la sua massima: “Non si nasce donna: si diventa”. Legata al filosofo, padre dell’esistenzialismo, Sartre, andrà oltre la definizione astratta di “filosofia esistenzialista”, puntando su concetti maggiormente concreti. La critica che muoverà al pensiero strettamente analitico, sarà quella di limitare il lato creativo.  Ma ritornando al sui impegno civile per la parità tra uomini e donne, il contributo imprescindibile della Beauvoir alla causa femminile è un libro alla base di ogni progresso ottenuto dal nostro genere: “Il secondo sesso” del 1949. Con questo volume le donne di tutto il mondo hanno avuto l’input per svegliarsi dopo millenni di sonno profondo.

La conferenza sulle donne e la filosofia si chiude con due originali figure femminili: Lou Salomé e Marie Bonaparte. La prima, croce e delizia di Nietzsche, gli ispirerà Così parlò Zarathustra, mentre a Rilke, a cui sarà legata, farà da ispiratrice e musa per le Elegie Duinesi. In tarda età sarà allieva di Freud e lo influenzerà non poco. A Freud in qualche modo si legherà anche Marie Bonaparte, in quanto sua paziente. Tra di loro si instaurerà un intenso rapporto che durerà anni. Brillante scrittrice, paladina della psicanalisi in Francia, sarà un’appassionata attivista per i diritti umani. Lei infatti pagherà una cospicua tassa per far lasciare a Freud e alla famiglia l’Austria, per fuggire alle persecuzioni naziste.

Le donne nella Storia sono anche questo, maternamente generose e lungimiranti, spontaneamente avverse alla brutalità e alla turpitudine.