12 Ottobre 2022

Il ricordo di Angela

By admin

Oggi potrebbe essere una bellissima giornata, il sole sta illuminando il cielo azzurro striato da poche nuvole e il mare calmo del golfo rimanda un aroma piacevole. Le piante nel terrazzo sono verdi e qua e là ci sono i fiori del geranio, della calendula e della begonia. Sto pensando di mettermi fuori a scrivere, sul tavolino verniciato di verde, e respirare l’aria del mare. Potrebbe essere una bella giornata, infatti, ma non lo è. Ieri è giunta la notizia della morte di Angela Lansbury, spirata nel sonno alla veneranda età di quasi 97 anni (li avrebbe compiuti domenica). Quando muore un grande artista del cinema per me è sempre una brutta giornata, per Angela però è qualcosa di più. Ieri, appresa la notizia da internet, mi è scesa una lacrima e ho trascorso quasi tutta la notte guardando i dvd della serie che l’ha resa celebre in tutto il mondo: La signora in giallo. Il grande successo del personaggio di Jessica Fletcher, interpretato dalla Lansbury per ben dodici stagioni dal 1984 al 1996, ha forse offuscato la lunga carriera nel cinema e nel teatro di questa grande artista, però ha il merito di aver fatto innamorare della sua recitazione milioni di persone in tutto il mondo che l’hanno amata sul piccolo schermo.

Sono una di queste persone e non esito a dire che Angela ha influenzato le mie scelte di vita, come quella di scrivere libri. Iniziai a vedere le prime stagioni della serie che vivevo in Istria e avevo da poco perso mia nonna. Lei, con i suoi tailleur anonimi e le borsette da anziana (nelle prime puntate), aveva in qualche modo colmato quel vuoto infinito che sentivo per la mancanza di nonna Eufemia. Era dolce col nipote Grady e nostalgica per la morte del marito Frank che mai nessun uomo avrebbe sostituito; dove si muoveva Jessica c’era un omicidio e un innocente accusato di averlo commesso (spesso uno dei suoi tanti nipoti o amici): lei risolveva il caso in barba alla polizia che non faceva che prendere cantonate. Adoravo seguire le trame surreali ma davvero ben scritte della serie, dalla cucina di casa riscaldata con la stufa a legna, e immaginavo anche lei nel Maine mentre scriveva con la sua vecchia macchina da scrivere in una cucina altrettanto antica. Poco importava se la cucina era un set e la casa non nel Maine ma a Mendocino, in California: Cabot Cove esisteva davvero per tutti i suoi fan e non si pensava alla finzione cinematografica. I personaggi della piccola cittadina erano fantastici, dal dottor Seth Hazlitt (William Windom) allo sceriffo Amos Tupper (Tom Bosley), dall’amato nipote Grady Fletcher (Michael Horton) alle amiche pettegole Eve Simpson (Julie Adams), Phyllis Grant (Gloria DeHaven), Ideal Malloy (Kathryn Grayson) e Loretta Spiegel (Ruth Roman) che si trovavano nel salone di bellezza. Nelle putante successive comparvero altri personaggi come la spia britannica Michael Haggerty (Len Cariou), l’affascinante ladro gentiluomo Dennis Stanton (Keith Michell) e l’investigatore privato scapestrato Harry McGraw (Jerry Orbach). Lo sceriffo Tupper venne sostituito da Mort Metzger (Ron Masak) e i banali completini di Jessica con abiti molto più sofisticati per una Angela Lansbury notevolmente dimagrita. Le prime sei serie le preferisco alle seconde sei, perché sono più spiritose e divertenti, hanno qualcosa di genuino che poi, con la produzione di Bruce Lansbury (il fratello), si perde. Quando sono venuta a vivere in Italia, per un periodo, ho preferito Il ritorno di Colombo (medesimi autori: Fischer, Levinson, Link) e ho abbandonato le puntate dell’amata Jessica. Mi sono però interessata alla carriera cinematografica di questa grande attrice e anche un po’ alla sua vita privata. Ho saputo così che era inglese, figlia di un’attrice irlandese, Moyna MacGill, e del commerciante Edgar Lansbury, figlio del potente politico laburista George. Mi accorsi che il personaggio di Emma MacGill, la cugina inglese di Jessica (interpretata sempre dalla Lansbury), era un omaggio alla madre e anche ai tanti musical che Angela ha interpretato a Brodway. Aveva due fratelli e una sorellastra nata dal primo matrimonio della madre. Andò via dall’Inghilterra durante i tremendi bombardamenti di Londra per trasferirsi a New York. Qui, orfana di padre, lottò per seguire la sua passione per la recitazione, grazie al sostegno della madre e dei fratelli che hanno sempre creduto in lei. Iniziò a recitare giovanissima, a soli diciannove anni, ed ebbe subito un enorme successo: Angoscia (Gaslight) del 1944, noir di George Cukor con Ingrid Bergman e Charles Boyer, le valse una candidatura all’Oscar. Interpretava l’intrigante e odiosa cameriera Nancy che si detestava immediatamente. L’anno dopo interpretò quella che viene considerata tuttora la miglior versione cinematografica de Il ritratto di Dorian Gray, elegante adattamento di Albert Lewin con George Sanders e Hurd Hatfield, diventato una star grazie a questo ruolo. L’attore rimase amico di Angela per tutta la vita e quando cadde nel dimenticatoio, dopo molti anni, lei lo volle nella serie in svariate puntate come guest star. In un’intervista disse che era la migliore amica del mondo, generosa e mai invidiosa dei successi altrui. Con Il ritratto di Dorian Gray Angela ottenne la seconda candidatura all’Oscar come miglior attrice non protagonista.  Nel 1949 interpreta un colossal epico, Sansone e Dalila, di Cecil B. DeMille con Victor Mature e l’unica scienziata-attrice sex symbol della storia del cinema, la bellissima Hedy Lamarr. Il suo ruolo è quello di Semadar, la promessa sposa di Sansone, ricca e viziata filistea innamorata di un giudeo. Ho visto questo stucchevole film nella canonica di Stridone, con don Lino, nei primi anni ’80. Non l’ho mai dimenticato e non ho badato alla critica, continuo ad amarlo e rivederlo tutti gli anni. In ruoli quali Peccatori senza peccato (1947) e Va’ e uccidi (1962) interpreta personaggi perfidi, manipolatori, dimostrando di essere capace di recitare in qualsiasi ruolo e ottiene la terza candidatura all’Oscar. Lavora anche nel cinema italiano in Olympia (1960) con Sophia Loren e in altri film accanto a Vittorio De Sica e Raf Vallone. Poi la Disney le offre l’opportunità di uno dei ruoli più belli della sua carriera, Pomi d’ottone e manici di scopa (1971) di Robert Stevenson, e lei diventa la simpatica zitella miss Price, apprendista strega e amante dei gatti (il suo micio si chiama “Brivido cosmico”) nell’Inghilterra della Seconda guerra mondiale. Deve occuparsi di tre bimbi sfollati e con l’aiuto del sedicente mago Emelius Brown (David Tomlinson) viaggia in mondi fantastici popolati da creature animate. Per me è il più bel film per ragazzi che la Disney abbia mai realizzato, migliore anche di Mary Poppins. Nel 1978 in Assassinio sul Nilo affianca il cognato Peter Ustinov (ex marito della sorellastra Isolde) e un cast stellare, interpretando la buffa e alcolizzata scrittrice di romanzi d’amore Salomè Otterbourne; il suo incredibile tango con David Niven, sotto gli occhi scandalizzati di Bette Davis, è una delle scene più gustose del film. Nel 1980 si misura ancora con Agatha Christie in Assassinio allo specchio, come attrice protagonista nel ruolo di miss Marple. Anche qui troviamo un cast stellare che include la sua amica e connazionale Liz Taylor. La carriera cinematografica e televisiva viene sempre affiancata da quella teatrale, dove Angela è conosciuta come la regina di Brodway, amata dalla critica e dal pubblico e vincitrice di ben cinque Tony Award, un record. Quando le offrono il ruolo de La signora in giallo (Murder she wrote) lei lo accetta più per una questione di compensi che di convinzione, poi però la serie la coinvolge anche come produttrice e ci fa lavorare tutto il suo clan familiare e di amicizie, scoprendo molti talenti (da George Clooney a Jim Caviezel e tanti altri). La serie va in onda dal 1984 al 1996 ed è seguita da quattro film per la televisione (1997 – 2003) diretti dal figlio Anthony. I riconoscimenti che riceve sono moltissimi e nel 2013 le viene conferito il titolo di Dama di Commedia dell’Ordine dell’Impero britannico dalla regina Elisabetta II. Finalmente anche l’Academy la omaggia con un Oscar alla carriera nel 2014.

La vita privata di Angela è molto discreta e poco chiacchierata, con però qualche notevole dramma. I figli Anthony e Deirdre avuti dal lungo e felice matrimonio con l’attore Peter Shaw, ebbero problemi di tossicodipendenza e la figlia in particolare legami con la setta di Manson. Angela prese in mano le sorti della sua famiglia, si allontanò dallo spettacolo e portò i figli in Irlanda, in una fattoria isolata, strappandoli dalle dipendenze e da tutta la vacuità dell’eccessivo benessere. Se ne tirarono fuori del tutto e Anthony divenne regista di molte puntate della serie e dei film, mentre Deirdre scelse di fare la ristoratrice col marito.

In tempi recenti la fantastica Angela ha doppiato molti personaggi della Disney ed è anche apparsa come attrice in alcuni film. Non ha abbandonato nemmeno la tv con qualche comparsata, però il suo desiderio di realizzare un ultimo film de La signora in giallo è rimasto un sogno. Forse questo è anche un bene, poiché quasi tutti gli attori sono passati a miglior vita e nessuno di noi avrebbe gradito quei personaggi interpretati da altri.

Per me forse questa serie rappresenta un’ossessione e negli anni ho sempre cercato di trovare fatti della vita di Angela nel racconto dei film. Ad esempio, so che lei era molto affezionata a David Lansbury, figlio del fratello Edgar, e ne ha parlato spesso nelle interviste: più di lui che del figlio Anthony. David, infatti, interpreta diversi ruoli nelle serie e c’è molta sintonia tra lui e la zia.

Ho fatto due volte la raccolta della serie, una per la casa di Trieste e l’altra per l’Istria, e anche dei libri scritti da Donald Bain negli anni 2000. Ebbene sì, qualora non lo sapeste, vi informo che esiste anche una serie di romanzi de La Signora in giallo, pubblicati in Italia da Mondadori.

Anche se Angela ci ha lasciato ed è volata via con miss Price, per noi che l’abbiamo tanto amata resterà sempre “la signora omicidi” un po’ impicciona e incredibilmente simpatica che ha illuminato il piccolo schermo, e quindi non è proprio il caso di dirle “addio”: resterà tra noi.