14 Aprile 2022

Idunn e l’eterna giovinezza

By admin

Da sempre la primavera è simbolo di rinascita, di immortalità della natura che, dai mesi dell’inverno e della morte, ritorna alla vita. Le temperature si fanno lievi, il cielo si colora di azzurro e i fiori sbocciano, donando spettacoli di colori e profumi incantevoli. La primavera ha ispirato poeti e scrittori di tutti i tempi, ma prima di loro ha alimentato il mito. Tante sono le divinità delle civiltà mediterranee associate a questa stagione e le troviamo anche nelle culture nordiche. In questo articolo ne tratterò una poco conosciuta e forse erroneamente associata alla primavera: in realtà rappresenta il concetto di immortalità e di eterna giovinezza.

“Idunn, ella custodisce nel suo scrigno le mele di cui gli dèi devono cibarsi quando invecchiano, e allora ridiventano giovani, e così sarà fino al crepuscolo degli dèi.”

Snorri Sturluson “Edda”

Così la dea Idunn viene descritta dalla tradizionale poesie scaldica del poeta Snorri Sturluson, l’affascinante narratore di miti e leggende norrene. Idunn è la moglie di Bragi, divinità legata alla poesia e alla saggezza; mentre egli nutre gli uomini col nettare della poesia, la bella Idunn lo conduce nell’Asgard, l’Olimpo degli Asi, gli dèi immortali destinati a perire alla fine dei tempi. Qui ogni mattina ella li nutre con le magiche mele, i pomi d’oro che regalano l’eterna salute e giovinezza. I frutti sono custoditi in uno scrigno di frassino ed è lei che li coltiva. Il suo mito pare legarsi alla leggenda greca del giardino delle Esperidi ma anche alla religione ebraico-cristiana con Adamo ed Eva. Lo stesso nome Idunn presenta analogie con l’Eden, il biblico giardino della Genesi. Si tratta, tuttavia, di una dea poco conosciuta dai contemporanei e non presente nell’immaginario collettivo. Di lei il mito racconta che è una giovane fanciulla, dai biondi capelli lasciati sciolti o raccolti in trecce, recante in mano la mela della giovinezza.

Nell’Edda di Snorri Sturluson il suo mito viene narrato nel “Dialogo sull’arte poetica” e racconta del suo rapimento ad opera di Pjazi, il gigante in abito d’aquila. Il malvagio Loki tese un tranello al gigante ma non ebbe successo, così egli provò a salvarsi offrendo a Pjazi la bella Idunn e le sue magiche mele. Scoperto dagli altri dèi, Loki fu minacciato di morte per averla fatta sparire; così, egli si impegnò a cercarla, ma nel frattempo gli Asi senza le mele diventavano vecchi. Con l’abito del falco datogli da Freya, la dea della bellezza e della fertilità, Loki raggiunse il gigante Pjazi a Jötunheimr, la terra dei giganti. Qui Idunn era sola, allora Loki le diede le sembianze di una noce, la prese fra gli artigli del falco e volò via. Quando Pjazi se ne accorse, inseguì Loki con l’abito dell’aquila e solo l’intervento finale degli Asi fermò la sua furia e ne decretò la morte. Skadi, la figlia del gigante, prese l’elmo, la corazza e tutte le armi per vendicare il padre. Allora gli dèi le offrirono il matrimonio con uno di loro, per riparare al danno subito.

Non si trovano altri racconti, altre leggende legate al culto di questa dea, nonostante l’importanza che rivestiva nella teogonia nordica. Si possono fare delle interpretazioni, analizzare i simbolismi ma il mito di questa bella divinità rimane avvolto nel mistero, nell’oscurità del tempo. La mela, così come la noce, sono simboli di fertilità e abbondanza ma Idunn non dispensa fertilità bensì immortalità. È simile alla coppiera divina del mito greco, ad Ebe che mesce agli dèi l’ambrosia, la bevanda dell’immortalità.

La sua rappresentazione più suggestiva risale all’Ottocento, a quel gusto per il neoclassicismo che riscopriva i miti e li rappresentava in dipinti e sculture. James Doyle Penrose la dipinge in un bosco, seduta su un tronco d’albero mozzato. Bionda, bellissima, con i capelli intrecciati e un lungo abito bianco, toglie le mele dal suo cestino e le offre agli dèi, rappresentati come guerrieri vichinghi. La natura intorno alla scena è verde smeraldo, creature dei boschi si muovono in mezzo agli alberi, sostano accanto a lei. Un inno alla bella stagione, alla rinascita della vita, alla giovinezza che riconosce se stessa soprattutto nella primavera.

Questa è Idunn, la bellezza della giovinezza che la primavera ci fa riscoprire, la rinascita della vita che è un dono in ogni stagione dell’esistenza. Cerchiamo la bellezza della dea in ogni fiore sbocciato nel giardino, in ogni germoglio che appare sui rami, nell’erba che si colora di vita, nel canto degli uccelli che creano il nido. Idunn è ovunque in questa stagione, si mostra e si cela nel miracolo della rinascita, nell’immortale e nell’eterno divenire. Impariamo a vederla nella magia di ogni istante.