20 Agosto 2020

Medicina officinale: dalla medicina popolare all’erboristeria moderna

By admin

“Le streghe hanno smesso di esistere quando

noi abbiamo smesso di bruciarle”

Voltaire (1694 – 1778)

Si conclude con questo lungo capitolo la storia della medicina officinale dall’Antichità ad oggi. Attraverso i secoli e i millenni l’uomo ha costantemente ricercato la salute e il benessere nella natura, inventando rimedi ed estraendo principi attivi. Attualmente la fitoterapia sta vivendo un momento di forte ascesa e di successo, anche grazie alla ricerca scientifica che ha rivalutato i metodi naturali. La medicina ufficiale e l’erboristeria viaggiano nuovamente sullo stesso binario, avendo in comune l’obiettivo cardine: la salute e il benessere delle persone.

La medicina popolare 

Nel periodo rinascimentale erano in grande voga piante che successivamente si rivelarono del tutto inefficaci. Tra queste la famosa mandragora e la teriaca (composto ottenuto da una mescolanza di quaranta piante considerate insostituibili per la cura di molte malattie), così come pure tanti rimedi risultati validi anche in seguito alle analisi moderne. Il concetto di signatura poi ha permeato la medicina popolare, in particolare il criterio di classificazione magica che si basava sul principio omeopatico del simila similus curantur. Per cui il succo rosso della barbabietola o il vino rosso avrebbero rinvigorito gli anemici; la noce, dalla caratteristica forma che ricorda il cervello, avrebbe curato i disturbi mentali; il salice – secoli prima che ne venisse estratto l’acido salicilico per farci l’aspirina – risultò essere un valido rimedio antireumatico, suggerito dalla sua resistenza all’umidità; le piccole macchie sulle foglie della polmonaria indicavano la sua efficacia contro le malattie dei polmoni, la scienza invece ci ha dimostrato che le sue capacità salutari sono state sopravvalutate. Da dedicare un accenno anche alla bizzarra forma “umana” della radice di mandragora che ha conferito a questa pianta la fama di avere poteri magici. Originaria della Palestina e dei paesi arabi vicini, per molto tempo è stata considerata un afrodisiaco, capace di aumentare la fecondità; veniva anche chiamata “la mela di Satana” e si credeva fosse in grado di provocare la pazzia. La medicina ufficiale – operata dalle potenti corporazioni dei medici –, non riuscì in alcun modo a raggiungere le classi subalterne. Per secoli le cure mediche furono un lusso che soltanto gli abbienti poterono permettersi, mentre il popolo ripiegò su pratiche della cultura popolare che si tramandarono di generazione in generazione, nel fragile supporto della tradizione orale.

Erbe, decotti, cataplasmi e quell’insieme di rituali magico-religiosi, arrivarono dove non poterono arrivare i medici. In questo modo l’umile arte popolare della salute si prodigò per secoli, sopravvivendo alle violente persecuzioni, a favore dei malati e di quanti soffrivano. Come afferma l’antropologo Tullio Seppilli, il concetto di “medicina popolare” comprende dunque tutte quelle tradizionali forme culturali, comportamentali e organizzative atte alla difesa della salute nelle classi popolari rurali e urbane. Utilizzando preparazioni terapeutiche quali i cataplasmi, i decotti, gli impacchi, le infusioni, le macerazioni, gli oli, le poltiglie, gli sciroppi, le tinture e gli unguenti, i fautori della medicina popolare recuperarono l’antica tradizione medica e la fusero con le credenze magiche e le pratiche alchemiche del Rinascimento. La raccolta delle piante infatti presentava molte similitudini con l’alchimia: le erbe per i decotti e gli infusi si coglievano solo in determinati periodi del mese o dell’anno, come la Luna piena o la ricorrenza di particolari festività religiose cristiane, sovrapposte a rituali antichi (ad esempio i solstizi e gli equinozi).

Il solstizio d’estate infatti, a fine giugno, era il momento migliore per la raccolta di quasi tutte le erbe curative, nel pieno del loro tempo balsamico e quando i principi attivi erano al massimo della concentrazione nella pianta. Nella medicina popolare il paziente era considerato nella sua unità, all’interno di un rapporto di corrispondenza con la natura. Due erano le entità che praticarono la medicina popolare: la gente comune, con i rimedi casalinghi, e i guaritori (uomini e donne, come i settimini, ovvero i nati con il sacco amniotico attaccato) con capacità giudicate taumaturgiche. L’avversione della medicina convenzionale nei confronti di quella popolare insorge in questo periodo storico e si mantiene nei secoli successivi, fino alla “sconfessione”, anche giuridica, delle pratiche dei guaritori. A detta dei medici, i fautori della medicina popolare non erano altro che dei millantatori che propinavano rimedi e terapie sconsiderati; non avevano alcun titolo per praticare la medicina e rappresentavano pure un pericolo economico, in quanto un’alternativa terapeutica poteva compromettere la perdita di potere di chi era stato investito dalle autorità con l’esclusiva prerogativa di curare la salute pubblica.

 

Il Seicento

A questi rituali di antica memoria infatti si contrapponeva il metodo sperimentale e scientifico di personalità influenti quali Galileo, Newton e Cartesio. Nemmeno l’Inquisizione riuscì a rallentare l’imponente rivoluzione scientifica del XVII secolo. Questo possente movimento di idee acquista nel Seicento i suoi caratteri distintivi nell’opera di Galileo e negli approcci filosofici di Bacone e Cartesio che influenzeranno Newton, in particolare il suo concetto dell’universo visto come una macchina. Trainante fu la rivoluzione astronomica operata da Copernico, Tycho Brahe e, appunto, Galileo. In questo periodo muta l’immagine del mondo: vengono abbattuti i pilastri della cosmologia aristotelico-tolemaica, ottenendo una sistemazione matematica del sistema copernicano e dimostrando la falsità della distinzione fra fisica terrestre e fisica celeste. Newton, con la teoria gravitazionale, unificherà la fisica di Galileo e quella di Keplero. A questo cambiamento epocale corrispondeva anche un cambiamento delle idee sull’uomo, sulla scienza, sull’uomo di scienza e sul lavoro scientifico, nonché sui rapporti tra la scienza, la società, la filosofia e la fede religiosa. Si unirono, dopo secoli, le scienze e le tecniche, cadde definitivamente il muro che separava le arti “liberali” da quelle “meccaniche”. Si assiste pure a una grande fioritura della ricerca anatomica, già a partire dal Cinquecento, iniziata e perpetrata da rappresentanti quali Andrea Vesalio, Gabriele Falloppio, Realdo Colombo e altri. Le ricerche anatomiche mutarono di segno quando William Harvey pubblicò nel 1628 il De motu cordis, dove è esposta per la prima volta nella storia la teoria della circolazione del sangue. Di grande impatto furono anche le ricerche e le dimostrazioni di Francesco Redi che confutò la teoria della generazione spontanea, le osservazioni geniali di Marcello Malpighi nello studio dei polmoni e del cervello, di Robert Boyle che osservò la direzione dei capillari iniettandovi fluidi colorati e cera fusa e del padre della microscopia, Antoni van Leeuwenhoek. Nacquero in questo periodo anche le società scientifiche: l’Accademia dei Lincei, del Cimento, la Royal Society di Londra e l’Accademia reale delle scienze in Francia. Si fecero più numerose anche le farmacopee, gli antidotari e i ricettari. A Napoli il filosofo e medico Giuseppe Donzelli pubblicò il Teatro Farmaceutico Dogmatico e Spagirico che fu uno dei trattati di maggior successo nella metà del Seicento.

Il Settecento

Il clima razionalista del XVII secolo portò alle grandi costruzioni metafisiche di Spinoza e Leibniz, agli sviluppi dell’empirismo di Hobbes, Locke e Hume, fino al sorgere della “ragione” illuminista del Settecento che avrebbe cambiato ulteriormente la visione dell’uomo, della società, della scienza e, con l’arrivo di Kant, avrebbe impresso quella svolta “critica” al pensiero occidentale. L’Illuminismo nasce come corrente filosofica per poi espandersi in tutti gli ambiti del vivere sociale e politico delle classi altolocate e borghesi. Si trattava di un movimento laico, contrario ai sistemi metafisici, che si opponeva in maniera drastica ai “miti” e alle “superstizioni” delle religioni. Particolarmente irriverente a questo proposito fu l’Illuminismo francese che irrise con sprezzo e sarcasmo la religione e la superstizione, dimostrando un atteggiamento materialista e ateo molto deciso; di diverso impatto furono le correnti illuministe inglesi e tedesche che svilupparono un approccio deista. Le complesse idee illuministe non penetrarono nelle masse popolari dell’Europa del Settecento, esse rimasero estranee al movimento.  Contrariamente a ciò che avvenne nei ceti intellettuali e alto borghesi, dove l’influenza dei “lumi” riguardò nazioni diverse tra di loro: dall’Inghilterra all’Italia, dal Portogallo alla Prussia, dalla Francia alla Russia. Questo fu il momento storico della diffusione di nuove accademie del sapere, della nascita dell’Enciclopedia, della massoneria e dei salotti intellettuali che furono eccellenti veicoli per la circolazione delle idee illuministiche.

Il distacco netto tra le classi sociali apparve quindi incontrovertibile, soprattutto dal punto di vista culturale. Il Settecento rappresentò una rivoluzione anche nello studio e nell’impiego “scientifico” delle piante. L’accurata classificazione botanica del secolo illuminista è merito del medico svedese Linneo (1707 – 1778). Egli ideò il metodo di classificazione che adottava la nomenclatura binomia, assegnando agli organismi viventi due nomi: uno per il genere e uno per la specie. Linneo inoltre individuò cinque categorie nel suo sistema, descritto nel celeberrimo Systema naturae: la varietà, la specie, il genere, l’ordine, la classe. Questo sistema “naturale” era condizionato dal principio di subordinazione di caratteri e fece sì che si considerarono secondari tutti i caratteri fisiologici, ambientali e comportamentali, mentre erano primari solo alcuni morfologico-anatomici. La medicina delle erbe, con il suo empirismo, viene progressivamente abbandonata per lasciare il posto alla medicina accademica e alla ricerca farmacologica; le piante vengono frazionate nei loro singoli componenti e questi a loro volta vengono isolati, analizzati e sintetizzati in laboratori chimici.

 

L’Ottocento

Probabilmente non era mai accaduto che la fine di un secolo e l’inizio di uno nuovo presentassero dei cambiamenti radicali di tale intensità come quelli che caratterizzarono gli anni a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento. Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione francese che infiammò gli entusiasmi delle classi intellettuali europee. Con eguale rapidità la rivoluzione prese la piega del grande Terrore che produsse migliaia di vittime. Il secolo dei “lumi” terminò definitivamente con l’ascesa napoleonica, culminata nel 1804 con la proclamazione dell’Impero e con le campagne militari che misero a ferro e fuoco l’Europa, sconvolgendo l’assetto politico e sociale del vecchio continente. Questo nuovo dispotismo, intensificato con la successiva Restaurazione, fece naufragare ogni residua speranza illuministica del secolo precedente. Il grande mutamento europeo, per altro ampiamente preceduto dalla temperie culturale tedesca, diede vita allo sturm und drang (“tempesta e impeto”), movimento culturale precursore del Romanticismo ottocentesco. La rivolta dei romantici si esprimeva contro la tirannia – inclusa quella del pensiero unico–, col preciso intento di condurre l’uomo verso un nuovo panteismo, costituito da sentimenti forti, passione, creatività e rinascita del classicismo.

La divinizzazione della natura giocò un ruolo importante nella rappresentazione culturale e artistica dell’Ottocento ma anche in una ricerca della conoscenza più libera e svincolata da un eccesso di regole rigide. Fu però il pensiero positivista a rappresentare una rivoluzione in tutte le espressioni – filosofiche, politiche, pedagogiche, scientifiche, storiche e letterarie – che scosse l’intera Europa da circa il 1840 fin quasi le soglie della Prima guerra mondiale. Il quadro politico europeo, relativamente pacifico, si caratterizzò di trasformazioni radicali come la rivoluzione industriale e le sue scoperte scientifiche dall’impatto massiccio sulla vita sociale. Anche la medicina fece passi da gigante in questo contesto storico, in particolare nella lotta contro le malattie infettive, il vero flagello dell’umanità fino ad allora. Grandi furono le conquiste scientifiche nella matematica e geometria (Reinmann, Bolyai, Lobačewskij, Klein), nella fisica (Faraday, Maxwell, Hertz, Helmholtz, Joule), accompagnate ai progressi della medicina di Koch e Pasteaur e i loro strepitosi successi nella microbiologia o la costruzione della fisiologia e della medicina sperimentale di Bernard. Darwin invece, con la sua teoria evolutiva, sconvolse il mondo scientifico. In ambito erboristico nell’Ottocento si consolidò sempre più un sapere unicamente fondato sull’analisi chimica dei costituenti estratti dalle piante (come i sali di oppio o la stricnina); la scienza medica era interessata unicamente a nuove molecole da isolare e sintetizzare, tanto che l’impiego delle piante medicinali fu relegato in ambito popolare e la farmacologia trasse unicamente ispirazione da essa per identificare e isolare i principi attivi utili. Per tutto l’Ottocento si susseguirono le scoperte dei componenti attivi delle droghe (alcaloidi, digitale) e i progressi della medicina e della farmaceutica apparvero inarrestabili.

 

L’Omeopatia

 

A inizio Ottocento – in aperta opposizione ai metodi della scienza convenzionale che si radicarono nella società scientifica di allora –, nacque l’omeopatia moderna ad opera del medico tedesco Samuel Hahnemann. Approccio tuttora molto controverso, l’omeopatia è accettata da molti medici e rifiutata da tanti altri, tollerata in alcuni ambienti accademici e messa all’indice in altri. Il fondatore della medicina alternativa è vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, entrato ben presto nella massoneria, fu medico designato in un’area mineraria della Sassonia, dove resosi conto dell’inefficienza delle tecniche terapeutiche adottate e investito da una profonda crisi personale, decise di non praticare più la medicina. Questa crisi per altro corrispondeva all’uragano della Rivoluzione francese e allo scontro tra correnti settecentesche in ambito scientifico: lo sperimentalismo che mirava a superare il costrutto galenico-aristotelico e il risorgere dell’opposizione restauratrice che cercava un’altra via. Questa divisione divenne maggiormente visibile nell’Ottocento, quando il Positivismo fu contrastato dalla moltitudine di correnti spiritualiste. L’intuizione di Hahnemann nacque mentre traduceva la Materia medica di Cullon, noto trattato di farmacologia, e si imbatté nel capitolo riguardante l’uso della china (pianta portata dalle Americhe in Spagna nel Seicento) in medicina. Malgrado la sua diffusione per le formidabili proprietà antifebbrili e antinfiammatorie, gli studiosi dell’epoca non sapevano spiegarne i principi. Dal trattato Hahnemann venne a sapere che assumendo la corteccia di china da sani si diventa soggetti a febbri ripetute, mentre assumendola da malati si ha l’effetto opposto. Da qui partirono le sue ricerche, recuperando di fatto il motto degli antichi e dei guaritori del popolo: similia similibus curantur. Il metodo, in perfetto stile galileiano, consisteva nell’osservare i fenomeni per risalire a una legge generale che li governava e per riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto. Nel 1810 Hahnemann terminò l’opera basilare dell’omeopatia, l’Organon dell’arte di guarire. I seguaci del metodo omeopatico sperimentarono i medicinali su soggetti sani: tutti i sintomi furono annotati, catalogati e studiati, venendo così a formare l’opera Materia medica e omeopatica. La fama del primo medico omeopata fu grande e raccolse un considerevole numero di pazienti e seguaci in tutta Europa. Ma sia la nuova corrente di medicina alternativa che i suoi farmaci incontrarono anche numerosi avversari: Hanhemann fu portato in tribunale, denigrato e deriso dalla medicina ufficiale. Quasi ottantenne si trasferì a Parigi dove il suo lavoro fu molto apprezzato e seguito. Nei primi anni dell’Ottocento l’omeopatia arrivò anche in Italia, fece presa inizialmente nel Regno borbonico, in Umbria e nel Lazio, restando del tutto assente in altre regioni. Dopo un’iniziale enfasi, l’omeopatia visse una profonda crisi, quasi scomparendo dalla scena. Le già citate conquiste in ambito microbiologico di Koch e Pasteaur, condussero all’applicazione immediata della cura alle malattie: se ogni malattia fosse stata causata da un microbo, si sarebbe dovuto usare un rimedio capace di ucciderlo (il vaccino, il siero ecc.). Queste scoperte infersero un duro colpo alla dottrina omeopatica, ovvero all’idea che la malattia germini dentro di noi e che occorra porre rimedio ad un errato stile di vita. Pasteaur stesso però affermava che l’agente patogeno, il microbo, si sviluppava se trovava terreno fertile dentro un organismo. Dunque, era nella prevenzione, nell’indagine delle cause profonde che hanno favorito la malattia, che si inquadrò l’omeopatia, divenendo una corrente vitale nella fitoterapia contemporanea. Nella modernità che tutti conosciamo l’atomo e l’energia nucleare nelle sue vaste applicazioni, incluso l’ambito medico, ci hanno fatto conoscere un universo composto di microparticelle ancora da esplorare. Di conseguenza anche le microparticelle omeopatiche possono trovare interesse nell’ambito scientifico, pur non essendo un approccio dalla validità di metodo conclamata. L’interesse dell’omeopatia al giorno d’oggi è legato all’aumento delle malattie iatrogene, dovute ad un abuso di farmaci di sintesi, che possono intossicare l’organismo.

 

Il Novecento

Il XX secolo vede l’ascesa delle scienze umane che vanno dalla psicoanalisi alla psicologia, dalla linguistica alla sociologia, dall’antropologia culturale alla filosofia del diritto e all’economia. L’empirismo tradizionale aveva sostanzialmente concepito la mente umana come passiva, ma nel Novecento la psicologia mise in evidenza la spontaneità della mente nel pensiero produttivo. La particolarità del secolo breve però sono le correnti e le teorie contrapposte in grado di stimolare punti di vista differenti. Infatti, alle teorie di Freud, ad esempio, si oppose il comportamentismo di Watson; in ambito economico all’interventismo di Keynes si contrappose il liberalismo di von Hayek e così via. Grande fu lo sviluppo della fisica con il relativismo di Einstein e la teoria quantistica di Planck, fino alla fisica atomica, nucleare e sub-nucleare. I due conflitti mondiali, le rivoluzioni, la guerra fredda e l’instabilità politica mondiale, non hanno in alcun modo bloccato la ricerca scientifica e il progresso economico, piuttosto sono stati stimoli e reazioni alle tragedie del Novecento. Nella farmacologia l’apporto delle conoscenze della chimica organica permise di determinare la struttura chimica dei principi attivi, iniziando le classificazioni ed i raggruppamenti dei costituenti (carboidrati, glucosidi, alcaloidi, oli fissi ecc.). Il movimento degli eclettici – dopo la colonizzazione del Nord America tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento –, trasse spunto dalle conoscenze erboristiche dei nativi americani per sviluppare una conoscenza approfondita su alcune piante come l’echinacea. Il massiccio uso delle piante officinali negli Stati Uniti ebbe un forte riflesso in Europa nella fitoterapia, praticata soprattutto in Inghilterra. Nei primi decenni del secolo scorso in Francia e Germania si diffusero l’omeopatia, l’aromatoterapia e la gemmoterapia; lo studio approfondito delle piante dal punto di vista farmacologico e clinico crebbe nuovamente, senza dimenticare l’azione olistica svolta dai derivati vegetali sul terreno individuale della persona. Il declino della fitoterapia coincise con lo sviluppo dell’industria farmaceutica nella seconda metà del secolo: essa produsse su scala industriale una quantità enorme di specialità medicinali. L’industria ottenne i principi attivi delle piante allo stato puro e preparati in forma stabile, una maggiore costanza d’azione, un migliore rapporto tra il dosaggio e l’attività desiderata, oltre all’immediata disponibilità. Il medico degli anni Cinquanta sapeva prescrivere specialità farmaceutiche che riportavano notizie utili per il paziente e il farmacista. In questo modo era il paziente stesso a preferire il farmaco di sintesi, in quanto più attivo e dall’effetto immediato rispetto al farmaco naturale (la droga vegetale). Soltanto negli ultimi anni del XX secolo l’erboristeria si evolse nella fitoterapia moderna, potenziandola di molte acquisizioni scientifiche. Ed è recente il ponte creatosi tra la medicina popolare e la medicina ufficiale.

Oggi è avvertita a ogni livello l’esigenza di realizzare una terapia con il beneficio terapeutico privo di effetti indesiderati e tossici. In questo contesto si inseriscono nuovamente le discussioni sulla validità dell’omeopatia e sui rimedi alternativi di farmaci fitoterapici.

 

OPERA, Accademia Italiana di Formazione Olistica – Corso di Fitoterapia del Dott. Fabio Bellino.

Storia della omeopatia in Italia, A. Lodispoto, Edizioni Mediterranee

Storia della filosofia Vol. 4, 8. G. Reale e D. Antiseri, Bompiani

Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi Vol. 2, G. Reale e D. Antiseri, Editrice La Scuola.